Quaderno proibito di Alba de Céspedes
“Ho fatto male a comprare questo quaderno, malissimo. Ma ormai è troppo tardi per rammaricarsene, il danno è fatto”. Inizia così “Quaderno proibito” il libro di Alba De Céspedes (Roma 1911-Parigi 1997), scrittrice, poetessa e partigiana italo-cubana. Il libro, di sconvolgente attualità, delinea i tratti di una donna appartenente a una famiglia italiana dell’alta borghesia veneta ormai decaduta. La voce narrante del romanzo, ambientato negli anni cinquanta, è Valeria, che si descrive come una donna ormai di una certa età (ha quarantatre anni) che passa le sue giornate tra il lavoro e la famiglia.
Scritto sotto forma di diario in un quaderno dalla copertina nera che lei stessa compra da un tabaccaio, in un giorno in cui era proibito venderne, e nascosto sotto il soprabito, il libro è un ritratto coinvolgente e appassionato di Valeria, donna del suo tempo che rimane imprigionata in un ruolo che non le appartiene, circondata da un marito pressoché inesistente, da due figli che la sfruttano e con cui si scontra quotidianamente in una lotta generazionale senza sconti, soprattutto con la figlia, in cui vede riflesso tutto ciò che lei stessa non è riuscita a diventare, infine da un direttore d’ufficio di cui si invaghisce ma che nasconde aimé un ulteriore gabbia, seppur dorata. Nel corso del romanzo di percepisce nettamente la paura di Valeria di essere scoperta a scrivere, a fare qualcosa che sia solo per sé e che non sia dovere e sacrificio, tanto doverlo nasconde nella cesta dei panni sporchi, certa che lì nessuno guarderebbe mai. Una donna che lavora, Valeria, ma non una donna indipendente: lavora solo perché obbligata dal fatto che il marito non guadagni abbastanza per mantenere la famiglia. Una donna gravata dal peso del lavoro, della famiglia e della società che la vuole perfetta in tutti i contesti, una donna che ha perso completamente la sua identità, tanto che persino il marito Michele la chiama ormai “Mammà”.
Attraverso la scrittura del diario, tuttavia, si delinea una Valeria ben diversa da quella che è costretta a mostrare in pubblico, non più una moglie perfetta e remissiva, non più una madre austera e severa, ma semplicemente una donna con tutte le sue passioni e contraddizioni. Una rappresentazione della donna che rinuncia completamente al suo vero io per sacrificarsi in onore di una famiglia che a tutti gli effetti la dà per scontata e non le riconosce alcun valore. Un ruolo che Valeria è costretta ad interpretare, dovuto anche alla presenza ingombrante della madre che non si è mai rassegnata alla perdita della posizione sociale di cui godeva un tempo. La figlia di Valeria invece rappresenta le catene che si spezzano e la possibilità per una donna di poter essere semplicemente ciò che desidera. Alla fine del romanzo, tuttavia, Valeria non troverà la forza di fare quel salto verso l’ignoto, deciderà di bruciare il diario, di rinunciare al lavoro che era per lei l’unica valvola di sfogo e di sacrificarsi ancora una volta in onore della Famiglia.
Un libro più che mai attuale, che consiglio vivamente di leggere sia agli uomini che alle donne, perché in fondo tutte ci siamo sentite almeno una volta nella vita un po’ Valeria.
(Anna Erra)