“Si chiamano Gruppi di Lettura, ma potrebbero chiamarsi presidi di democrazia”
Domenica 17 novembre il numero di Robinson, l’inserto di Repubblica sulla letteratura, è stato dedicato ai gruppi di lettura, definiti, come dice il sottotitolo di questa newsletter, “presidi di democrazia”. Perché usare questa definizione? Non è una definizione un po’ troppo altisonante per un gruppo di persone che in fondo si trovano per parlare di libri?
No, non lo è: parlare di libri e ascoltare il punto di vista degli altri, spesso non in linea con il nostro, allena ad accettare il diverso, l’altro da sé e a farsi da parte per accogliere anche un’altra voce.
Nell’articolo di Sara Scarafia, dal titolo “Non bastano due occhi per leggere un libro” viene riportata la seguente frase di Simonetta Bitasi:
“Il gruppo di lettura ti fa ingannare il tuo algoritmo interiore. Ti ritrovi ad affrontare un testo che magari non avresti affrontato, che ti porta fuori dalla tua comfort zone. Il confronto con gli altri apre la mente.”
Accettare che un libro molto amato possa non piacere è difficilissimo, ma discutere, capire il punto di vista dell’altro arricchisce la nostra esperienza umana, lasciandoci spunti di riflessione che illuminano aspetti di noi che trascuriamo.