La scrittura affilata, sfrontata e, a tratti, sboccata di un grande della letteratura americana come Philip Roth ha entusiasmato gran parte dei lettori.
Dalle sue parole, coltelli affilati contro la carne putrefatta del sistema scolastico, puritano e bellico dell’America anni Cinquanta, nascono le grida di un giovane adulto pieno di odio e sconforto verso le repressioni della società in cui vive e che sembra ostacolarlo da qualsiasi obiettivo. Marcus Messner, ebreo americano di Newark (proprio come Roth), lascia la macelleria kosher di famiglia per sfuggire dall’ansia asfissiante del padre preoccupato per l’avvenire del figlio. Siamo, infatti, nel bel mezzo della guerra di Corea, ennesima carneficina a cui seguirà il Vietnam. Sessualità, origini, bigottismi.
Roth, descrive i conflitti interni ed esterni del giovane Marcus in modo tremendamente diretto, crudo e arrabbiato, come se lo scrittore avesse vissuto nella sua pelle ciò che ha vissuto Marcus (e infatti, abbiamo notato che, nel contesto del 1951, il protagonista ha la stessa età di Roth).
E’ un romanzo concluso nel 2008 ma che ha radici molto lontane, l’ultima vera perla narrativa del pluripremiato autore americano.